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23 Dicembre 2018

In altri articoli ho già parlato di Città del Messico e descritto alcune delle attrazioni che secondo noi vale assolutamente la pena vedere (qui per Teotihuacan, qui per La Casa Azul di Frida Kahlo, qui per il Museo Nacional de Antropologia), stavolta voglio invece parlarvi della città, di quei luoghi – più o meno conosciuti – che ci hanno in qualche modo colpito.

Città del Messico è una città strana, geograficamente si trova ad elevate altitudini, la sera infatti le temperature si abbassano fortemente, anche ad agosto, periodo in cui l’abbiamo visitata. DF, Distrito Federal (de-efe), così viene chiamata, è una metropoli di quasi 9 milioni di abitanti, passeggiare tra le sue vie è una specie di percorso ad ostacoli, per non parlare di quanto sia difficile girare in macchina. Per questo abbiamo quasi sempre preferito utilizzare i taxi: costano pochissimo e ti portano ovunque. Quasi ovunque! Ci sono quartieri così pericolosi, come Tepito, che è difficile trovare qualcuno disposto ad accompagnarti. Questo quartiere povero e malfamato, è famoso per il culto di Nuestra Señora de la Santa Muerte, o semplicemente Santa Muerte: una divinità messicana di origini pre-colombiane, il cui credo è tornato molto in voga soprattutto dagli anni 2000. A Tepito, di fronte al suo altare, le persone lasciano offerte di ogni genere, anche soldi e gioielli. Secondo la credenza popolare, invocarla senza avere un valido motivo, è un atto molto pericoloso sul quale sarebbe bene non scherzare. La leggenda narra che ciò comporterebbe addirittura la morte di una persona cara.

Altri quartieri invece sono senza dubbio meno pericolosi e altrettanto affascinanti. Tra questi, da vedere c’è Tenochtitlán, l’antica capitale azteca, descritta dalle cronache spagnole come una specie di isola al centro del lago Texcoco. Qui si poteva ammirare il Templo Mayor, di cui oggi rimangono poche rovine. Si trattava di una struttura maestosa con due piramidi: una dedicata al dio dell’acqua Tláloc e l’altra al dio-colibrì Huitzilopochtli. La città fu scoperta nel  1519 da Hernán Cortés e dal suo seguito di uomini, che presto la conquistarono.

La storia narra che Montezuma, ultimo imperatore mexica, accolse gli spagnoli, in particolare Cortés, con tutti gli onori, concedendogli oro e ricchezze, ma questo non bastò e l’imperatore venne lapidato e umiliato davanti al suo popolo. Un libro molto interessante, “La conquista dell’America. Il problema dell’Altro” di C. Todorov, ci dà invece una lettura molto più verosimile. Praticamente ci spiega che ogni popolo ha una differente comprensione dell’Altro, alcune culture – come quella spagnola – sono abituate alla comunicazione tra uomini, mentre altre – come quella mexica – adottano una struttura mentale che è solita comunicare con il mondo e con il divino, riconducendo a quest’ultimo tutti quegli eventi che gli uomini non riescono a spiegare. Fu così che l’arrivo improvviso di Cortés, venne assimilato – in base a quello che era l’orizzonte culturale e religioso del popolo azteca – al dio Quetzalcoatl, il dio del Serpente Piumato che, secondo la tradizione, sarebbe dovuto arrivare proprio dal mare. Ecco spiegate da Todorov l’accoglienza e la simil “resa” di Montezuma all’arrivo di Cortés e del suo esercito.

La città venne presto rasa al suolo, il lago Texcoco bonificato, e piano piano gli spagnoli iniziarono a costruire Città del Messico così come la conosciamo oggi. Nonostante i conquistadores tentarono di distruggere ogni traccia della cultura azteca, molte delle sue meraviglie sono state negli ultimi decenni riportate alla luce e, a distanza di secoli, possiamo ancora oggi ammirarle. Tra queste, come abbiamo detto, c’è il Templo Mayor, scoperto per caso meno di cinquant’anni fa. Questo si trova vicinissimo al cosiddetto Zócalo, ovvero una delle piazze più grandi del mondo, su cui si affaccia la maestosa Cattedrale. E’ qui che ogni anno, a settembre, viene celebrata la festa della Vergine di Guadalupe. Siamo nel pieno centro della città e ai bordi della piazza ci sono militari ovunque, vestiti in assetto da guerra, come se una banda di narcotrafficanti dovesse invadere le strade da un momento all’altro. Volete un consiglio? tenetevi lontani dalle forze dell’ordine, ovunque andate evitatele.

Altre cose da non perdere? Sicuramente Plaza de las Tres Culturas, ovvero la piazza simbolo del popolo messicano: le “tre culture” sono quella spagnola dei conquistadores, quella indigena degli aztechi e quella messicana che è nata dalla loro unione. Siamo di fronte ad una cultura meticcia, rivendicata con orgoglio dai messicani di oggi. La piazza è conosciuta anche come Plaza de Tlatelolco, dal nome della città gemella di Tenochtitlán, che sorgeva proprio in quel punto e dove ancora oggi si possono visitare le rovine, insieme ad un piccolo museo. La piazza è nota anche alla cronaca mondiale perché nel 1968, anno delle Olimpiadi di Città del Messico, venne compiuto da parte del regime messicano, un vero e proprio massacro. Centinaia di studenti che protestavano in nome della democrazia, vennero uccisi. Gravemente ferita fu anche la grande giornalista e scrittrice fiorentina, Oriana Fallaci, che in alcune pagine memorabili raccontò la cronaca della sua drammatica disavventura.

Continuando a girare per la città, vi consigliamo di fermarvi in uno dei tanti ristorantini di Xochimilco, detta anche la piccola Venezia per via dei lunghi canali. Qui è possibile ascoltare i famosi mariachi che per tutto il tempo della cena o del pranzo ti intrattengono, riuscendo anche a strapparti più di un sorriso, con il loro fare coinvolgente e allegro. Se poi ti cantano “La Llorona“, bè… il tutto potrebbe divenire anche molto emozionante. Frequenti sono anche gli spettacoli nelle piazze di uomini e donne con abiti tipici della cultura azteca che inscenano danze e altri rituali.

Non dirò molto su Coyoacán, forse uno dei quartieri più belli della città, perché ne ho già parlato nell’articolo in cui ho raccontato la nostra visita alla Casa Azul di Frida Kahlo,  ma per gli amanti della coppia Kahlo-Rivera, vi consigliamo assolutamente di vedere il Palazzo Nazionale dove sono conservati i più bei murales di Diego. Questi ritraggono scene della rivoluzione messicana e altre invece delle vita quotidiana del popolo azteca. Chi si è sempre riservato qualche dubbio sull’arte di Diego Riviera, come me, preferendo quella di Frida Kahlo, dovrà ricredersi. Con questo intendo dire che seppure gli stili siano completamente differenti, in entrambi traspare una passione e un amore smisurato per la propria cultura: nelle tradizioni del popolo messicano, nei suoi rituali e nei suoi simboli, Diego e Frida attingono i loro pennelli. Entrambi con un risultato eccellente.

Infine, non potete rinunciare alla visita di uno dei tanti mercati locali, noi personalmente abbiamo deciso di visitare uno dei più famosi: il Mercato di Sonora conosciuto perché specializzato nella vendita di oggetti dai poteri magici, di erbe e intrugli miracolosi, di prodotti di artigianato locale e, in una zona del mercato, troverete anche centinaia, se non migliaia, di animali, tra cui molte specie esotiche. Sconsigliato a chi ha lo stomaco debole.

Cos’altro dirvi? Noi abbiamo soggiornato a Città del Messico in questo hotel (ve lo consigliamo, posizione comoda e camere pulite) per 5 giorni, forse troppi, ma certamente non abbastanza per vederla tutta. Con il senno di poi, avremmo dovuto rimanere più tempo lungo la riviera maya e goderci il Mar dei Caraibi, ma sarà per la prossima volta! Il Messico è uno dei quei paesi in cui vale la pena tornare…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Florence

Questo non vuole essere un semplice blog di viaggi. Ci sono infatti modi diversi di viaggiare e di osservare. Il nostro è un viaggiare lento, che ci consente di cogliere punti di vista differenti. Soffermarsi su un dettaglio, un volto, il colore di un abito o di una pietanza, un rito o un semplice gesto, a volte ci dice molto più di quello che pensiamo di sapere. Proveremo a raccontarvi il mondo così com'è, attraverso l'obiettivo curioso di una macchina fotografica e lo sguardo attento di un'antropologa. In fondo, si sa, che conoscere l'altro è anche un modo per comprendere meglio noi stessi.

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