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16 Novembre 2018

Il Chiapas è sicuramente lo stato messicano che più ci ha colpite. Siamo arrivate a Palenque dopo un viaggio di circa 8 ore con un autobus della compagnia Aido, partito in mattinata da Chetumal. Man mano che il mezzo macinava km la giungla – che si stagliava ad ogni lato della strada – si faceva sempre più fitta e nera. A tutti gli effetti ci stavamo inoltrando verso un Messico remoto, a tratti selvaggio, percorso da montagne agguerrite come la Sierra del Norte. Era un paese attraversato da meravigliosi canyons, lagune, fiumi e riserve della Biosfera. La natura da queste parti nasconde tesori preziosi, in gran parte ancora sconosciuti, che i suoi abitanti custodiscono gelosamente, insieme alla loro storia e cultura. Molte sono infatti le tribù indigene che vivono su queste terre. La maggior parte conservano ancora gli idiomi nativi e rivendicano instancabili il loro passato, evidente anche dai segni che portano sul corpo. Ad esempio, la dentatura dorata.

Arrivate di buon’ora al sito archeologico di Palenque, abbiamo deciso di cercare una guida locale, dividendo il costo con altre due ragazze conosciute sul furgoncino che ci aveva condotte sul posto. Fu così che conoscemmo Pedro, un uomo indigeno di un’età non meglio precisata che ci svelò con amore e passione i segreti della sua terra.

Pedro parlava spagnolo, ma rivendicava le tradizioni e usanze del popolo maya. Ci raccontò della vita dissoluta della Rejina Roja, di come il sesso nella loro cultura fosse associato all’energia, al sole, alla natura e all’idea di “rinascita” e, pertanto, venisse visto come qualcosa di naturale e necessario. Ci parlò poi dei tesori che la giungla conservava gelosamente, di una piramide che si nascondeva sotto una montagna e che se solo fosse riportata alla luce, molto probabilmente si tratterebbe della Piramide più alta al mondo.

Con Pedro e le altre due ragazze italiane decidemmo di avventurarci in mezzo alla giungla alla ricerca di una cascata sconosciuta alla maggior parte dei turisti. Pedro conosceva quei sentieri, apparentemente tutti uguali, come se fossero i corridoi della sua casa. Di tanto in tanto ci indicava qualche pianta miracolosa, oppure foglie usate dagli antichi maya per colorare le pietre e i loro indumenti. Mentre camminavamo provammo una sensazione insolita, tutto intorno si sentivano solo i versi degli animali, in particolare delle scimmie urlatrici che saltavano da un ramo all’altro sopra le nostre teste. Dopo una camminata di una mezz’ora circa, arrivammo alla tanto sospirata cascata. C’era un caldo afoso e un’umidità altissima, così quando vedemmo l’acqua ci sembrò quasi un miraggio. Giusto il tempo di toglierci scarpe e vestiti e ci tuffammo. Era fredda quel poco che bastava a rigenerarci, Pedro ci osservava divertito. Ci chiese poi se volevamo fare un rituale di purificazione, accettammo e ci sedemmo ognuna su una grossa pietra. Pedro recitò delle frasi incomprensibili, ci sfiorò la testa e ci passo una grossa foglia addosso. Avevamo gli occhi chiusi e in quegli attimi la natura ebbe il sopravvento. Fu un’esperienza indimenticabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Florence

Questo non vuole essere un semplice blog di viaggi. Ci sono infatti modi diversi di viaggiare e di osservare. Il nostro è un viaggiare lento, che ci consente di cogliere punti di vista differenti. Soffermarsi su un dettaglio, un volto, il colore di un abito o di una pietanza, un rito o un semplice gesto, a volte ci dice molto più di quello che pensiamo di sapere. Proveremo a raccontarvi il mondo così com'è, attraverso l'obiettivo curioso di una macchina fotografica e lo sguardo attento di un'antropologa. In fondo, si sa, che conoscere l'altro è anche un modo per comprendere meglio noi stessi.

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