Chichén Itzá e la maestosità della Piramide di Kukulkan
Chichén Itzá è forse il sito archeologico più popolare del Messico, quello che tutti – almeno una volta nella vita – hanno potuto ammirare in qualche catalogo di viaggi. Questo complesso archeologico è infatti patrimonio dell’UNESCO, oltre ad essere inserito nella lista delle 7 meraviglie del mondo. La sua bellezza è in effetti indiscutibile, anche se con gli anni e un afflusso di turisti sempre maggiore, ha forse perso quell’aurea di sacralità che invece si respira in altri complessi meno affollati.
Dopo qualche giorno di mare e di meritato riposo nella splendida Isla Mujeres, ci siamo spostate a Valladolid, la nostra base di partenza per raggiungere Chichén Itzá. Questo è stato anche il primo sito che abbiamo visitato. Per raggiungerlo abbiamo preso un colectivo intorno alle 7 del mattino dalla stazione principale di Valladolid, arrivando all’ingresso del sito di buon’ora. Il costo del biglietto è di circa 242 pesos messicani, che corrispondono a circa 11,00 €. Tutta la strada che conduce ai piedi della piramide di Kukulkan, conosciuta anche come El Castillo, è costeggiata da bancarelle che vendono i più svariati e variopinti souvenir per turisti. Tirate dritto, avrete modo di ritornarci una volta terminato il vostro giro.
Secondo gli archeologi, la piramide principale è dedicata al dio maya-yucateco Kukulkan, ovvero il “dio-Serpente Piumato”, chiamato dagli Aztechi “Quetzalcoatl”. La nostra guida ci ha detto che un tempo era consentito salire fino alla cima della piramide, oggi non più. Questo per preservarlo dall’inarrestabile afflusso di turisti.
All’interno del complesso archeologico ci sono numerosi monumenti da ammirare: dai campi utilizzati per il gioco della “pelota”, una specie di gioco della “palla corda” in cui si scontravano due squadre. Di solito una di queste era composta da prigionieri, che dovevano scontrarsi con gli avversari cercando di infilare una palla dentro degli anelli di pietra a circa 2 metri di altezza, utilizzando solo le natiche, i fianchi e i gomiti. Al termine della partita, la squadra perdente veniva data in sacrificio agli dei.
Non a caso a Chichén Itzá si possono ammirare anche diverse rastrelliere sopra le quali venivano appesi i teschi degli uomini sacrificati, così come numerosi Chac Mool. Si tratta di una scultura raffigurante una figura umana disposta in posizione reclinata con la testa rivolta verso il lato destro, con un recipiente appoggiato sul ventre. Qui, molto probabilmente, venivano appoggiate le offerte in occasione dei sacrifici da fare alle varie divinità, prima fra tutte il dio del Serpente Piumato.
Camminando all’interno del sito è possibile scorgere anche un cenote, ovvero una specie di pozzo naturale le cui acque venivano considerate sacre. I maya erano soliti gettare corpi di uomini, donne e bambini o oggetti preziosi anche in questo caso in segno di offerta agli dei. Il cenote più conosciuto della zona e, forse, di tutto il Messico, è quello di Ik Kil. Noi purtroppo non siamo riuscite a visitarlo, ma dovessimo tornare nella Penisola dello Yucatán certamente non ce lo faremmo scappare!