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San Cristóbal de Las Casas e San Juan de Chamula

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28 Luglio 2019
Dove si trova San Juan de Chamula?

San Juan de Chamula è un piccolo paese dello stato del Chiapas, uno degli stati messicani più belli che abbiamo visitato. Uno di quelli dove la cultura e la tradizione maya sono ancora radicate nella vita dei suoi abitanti. Si trova a poco più di 10 km da San Cristóbal de las Casas, a 2.200 m di altezza.

San Cristóbal de las Casas

Nonostante la posizione geografica non proprio comoda, San Cristóbal è un crogiolo di culture: ci vivono persone da ogni parte del mondo, compresi italiani. L’architettura è di stile coloniale, la città si sviluppa lungo stradine costeggiate da ristoranti e negozi di ogni tipo. Ci sono molti turisti, ma nonostante questo San Cristóbal riesce per qualche strana ragione a conservare la sua autenticità.  Una particolarità che la contraddistingue è l’escursione termica dal giorno alla notte, dove le temperature possono scendere anche di 20 gradi. A San Cristóbal è meraviglioso perdersi tra le piccole bancarelle che si incastrano tra loro nel centro della città, qui si possono incrociare donne e uomini vestiti in modo tradizionale.

Come raggiungere San Juan de Chamula?

Siamo arrivate a San Cristóbal dopo un viaggio in pullman da Tulum di circa 9 ore. Abbiamo viaggiato di notte con addosso la paura che l’autobus potesse incorrere in una delle tante rapine da parte di gang di ragazzini, abbastanza frequenti in quel tratto di strada. Fortunatamente non è successo e al risveglio ci ha accolto un paesaggio diverso rispetto a quello incontrato nello Yucatan. Qui la giungla si era fatta ancora più folta e rigogliosa, nascondendo tesori ancora oggi inesplorati.

Il nostro albergo, situato nel centro della città, organizzava escursioni a cavallo per San Juan de Chamula. Cogliemmo l’occasione al volo, pur non avendo nessuna esperienza di equitazione. La mattina presto venne a prenderci una donna anziana che ci portò a casa di suo figlio, un giovane cavallerizzo vestito di tutto punto. Ci aiutò a salire sui nostri cavalli, ci diede qualche veloce istruzione su come maneggiare le briglie e, poco dopo, partimmo incoscienti ma felici. Salimmo lungo la strada circondata da pascoli, prati verdi, montagne e animali selvatici che, di tanto in tanto, ci venivano incontro un po’ incuriositi e un po’ infastiditi.

Una foto del cortile del nostro albergo

Perché visitare San Juan de Chamula?

Arrivate nella piazza principale, di fronte a noi si alzava la chiesa di San Juan de Chamula, famosa per il sincretismo religioso che caratterizza i rituali che si svolgono tra le sue mure: metà sacri e metà profani. Non ci sono foto dell’interno della chiesa, è vietato farle. Ci sforziamo di ricordare ciò che i nostri occhi hanno visto, anche se sembrava tutto incredibilmente surreale. Forse lo è il dolore quando non ci tocca da vicino.

Un luogo magico:

La prima cosa che colpisce appena si entra nella chiesa è il pavimento, completamente ricoperto da erba secca e aghi di pino. Non ci sono panche in cui sedersi, le persone stanno inginocchiate a terra, in piccoli spazi in cui accendono innumerevoli candele colorate in segno di offerta. Si tratta di un luogo cristiano-cattolico, almeno nell’architettura, in cui però si svolgono rituali risalenti all’antica cultura maya. Si tratta di una forma perfetta di sincretismo religioso.

La gente si reca qui per guarire da una malattia o da un male. Solitamente c’è un curandero accanto alla persona che deve essere curata. Questo passa sul corpo del “malato” un ramo con delle foglie, come a scacciare via gli spiriti maligni.  Seguono dei canti e delle preghiere in lingua indigena e solo alla fine del lungo rituale il curandero tira il collo di una gallina in segno di offerta a San Giovanni Battista. Prima di ucciderla, il guaritore passa la gallina sul corpo della persona da guarire, il suo compito è infatti quello di assorbire tutta la negatività che lo investe. La scena potrebbe apparire agli occhi di un turista inquietante e incomprensibile, ma in questi casi cerchiamo sempre di vestire i panni delle antropologhe, anche perché una di noi lo è!

Osserviamo in silenzio, emozionate. Abbiamo la pelle d’oca. Una sensazione di doveroso rispetto, curiosità, desiderio di capire attraversano il nostro corpo e i nostri pensieri. Ci avviciniamo ad un uomo anziano e gli rivolgiamo alcune domande, siamo incuriosite da lui almeno quanto lui lo sia da noi. E’ visibilmente ubriaco, ma lucido quanto basta per aiutarci a guardare ciò che stava succedendo con occhi diversi, che non sono gli occhi di due turiste, ma quelli di persone che sospendono il proprio giudizio e cercano di mettersi nei panni dell’altro.

Uscite dalla chiesa, siamo state investite da una strana sensazione: un misto di fascino e ammirazione per una cultura che aveva saputo sopravvivere, seppure dietro mentite vesti, ai dogmi e alle imposizioni del cattolicesimo. Una religione, la “nostra”, che aveva – nei secoli passati – cercato di estirpare un sistema di valori, credenze, usanze diverse e, proprio per questo,  giudicate eretiche.

Non dimentichiamo mai che nelle Americhe il colonialismo, insieme a tutta la carovana di attori che si è portato dietro, ha compiuto il più grande genocidio della storia.

Immediatamente due bambini ci hanno distratto da questi pensieri, riportandoci alla realtà che, se possibile, era stata con loro altrettanto spietata. Ci raccontavano che non sempre riuscivano a frequentare la scuola perché dovevano aiutare i loro genitori a racimolare qualche soldo. Denaro che non era sufficiente nemmeno a comprare un quaderno e delle penne. Così li abbiamo accompagnati in una specie di cartoleria che si trovava di fronte alla chiesa e gli abbiamo regalato tutto il necessario. Forse il nostro gesto sarà servito a poco o niente, ma ci accontentiamo di avergli donato un sorriso.


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Florence

Questo non vuole essere un semplice blog di viaggi. Ci sono infatti modi diversi di viaggiare e di osservare. Il nostro è un viaggiare lento, che ci consente di cogliere punti di vista differenti. Soffermarsi su un dettaglio, un volto, il colore di un abito o di una pietanza, un rito o un semplice gesto, a volte ci dice molto più di quello che pensiamo di sapere. Proveremo a raccontarvi il mondo così com'è, attraverso l'obiettivo curioso di una macchina fotografica e lo sguardo attento di un'antropologa. In fondo, si sa, che conoscere l'altro è anche un modo per comprendere meglio noi stessi.

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